DELEDDA, Grazia (1871-1936). Bellissimo carteggio inedito, composto da venti lettere autografe firmate dalla grande scrittrice sarda Premio Nobel 1926, tutte indirizzate al giornalista e critico teatrale Stanislao MANCA (1865-1916), confidenzialmente appellato Stanis , illustre firma della "Tribuna" (assai apprezzate anche le sue raccolte di cronache teatrali, come Dietro il sipario , Firenze, Quattrini, 1912). Quasi tutte le lettere, comprese fra il 1891 e il '99, sono conservate insieme alla relativa busta, con indirizzo a., francobolli e timbri. Si tratta di un carteggio dal tono estremamente confidenziale, svolto nei termini di un'amicizia affettuosa che di volta in volta l'una e l'altro tendono a virare di altre, più intense affettività. Ad esempio, nella lunga ( otto pagine 8o ) lettera s.d. (ma, da timbro postale, 9.8.92), si legge di un equivoco che evidentemente ha a lungo gettato un'ombra di ambiguità sui rapporti fra i due: Mio carissimo amico. Sia benedetto Iddio! Finalmente sono riuscita a farvi... confessare! Come ve lo avevo già scritto io temevo che voi non mi cercavate più, credendo che io mi fossi innamorata di voi! Io vi ringrazio infinitamente della vostra franchezza. Sentite: siete realmente un gentiluomo, no, meglio, un galantuomo, - e la vostra lettera ha aumentato a mille doppi la mia stima. Pure anch'io voglio essere franca con voi: e vi dirò che sulle prime restai mortalmente offesa. Tutto il sangue mi affluì al volto e credo anche di aver pianto... non allarmatevi ancora! Non ho mai ricevuto uno schiaffo, ma son certa che si debba provare la sensazione che provai io nel leggere la vostra lettera, nel riceverlo. Poi... risi, credetemi, risi di me stessa, e vi applaudii. Credete pure: se il mio cuore fosse stato libero sarebbe bastata la vostra lettera per farmi innavorare di voi (ma qualche fraintendimento poteva desumersi da una delle prime lettere, Nuoro, 6 ottobre 1891 : Mi scriva. So che ciò le recherà disturbo, fastidio anzi, ma io sono la più grande egoista di questo mondo e non bado al bene altrui per godere un piacere. Mi scriva dunque, anche una riga, e mi dica che mi pensa, che mi perdona e che pensa qualche volta alla sua piccola amica lontana per quanto essa sia indegna del suo ricordo ; e del resto anche in seguito non mancano passaggi come questo - dalla lettera Nuoro 9 gennaio 1892 - : a nessuno d'essi , sta parlando dei suoi principali corrispondenti dell'ambiente letterario - scriverei una lettera come questa, neppure per tutto l'oro del mondo, come suol dirsi. Solo a voi, - e sin da quando non sapevo neanche chi foste, affezionata a voi dalle vostre lettere e dalle vostre cortesie che non saprò giammai pagarvi [...] Oh, che sgomento e che tristezza! Mi sembrava impossibile l'amicizia tra voi e una modesta fanciulla che se occorre prepara il pranzo ). Nella lettera con timbro postale 28.10.93, la svolta drammatica: Io penso ancora qualche volta a voi, così, nella tristezza di sere come questa, quando il vento fa tremare i miei nervi e mi apporta il riflusso spirituale di lontane amarezze - sì, ripenso a voi, perché ancora un filo tenuissimo, che potrebbe però diventare una corda, mi lega a voi. E' il ricordo delle mie ultime lettere [...] Vi scrivo quest'ultima per pregarvi di rimandarmele. Io sto per fidanzarmi. Non invidiatemi né siate, per caso, geloso. E' ricco, è brutto, è giovine, è aristocratico, è grande, io non l'amo, io... Ma ciò deve poco importarvi [...] Siate buono, siate gentiluomo. Rimandatemi quei brutti fogli. Forse il mio destino, tutto il mio destino, è misteriosamente attaccato ad essi [...] Se voi avrete la bontà di privarvi di quel piccolo trofeo delle vostre vittorie, se io potrò incenerire con esso tutto il triste passato, io mi fidanzerò; altrimenti no. E' una fissazione. Le mie lettere non sono compromettenti, ma mi occorrono, occorrono al mio spirito che non avrà pace finché non le vedrà, finché non le saprà morte ; a giudicare dal tenore - e dal contenuto..
DELEDDA, Grazia (1871-1936). Bellissimo carteggio inedito, composto da venti lettere autografe firmate dalla grande scrittrice sarda Premio Nobel 1926, tutte indirizzate al giornalista e critico teatrale Stanislao MANCA (1865-1916), confidenzialmente appellato Stanis , illustre firma della "Tribuna" (assai apprezzate anche le sue raccolte di cronache teatrali, come Dietro il sipario , Firenze, Quattrini, 1912). Quasi tutte le lettere, comprese fra il 1891 e il '99, sono conservate insieme alla relativa busta, con indirizzo a., francobolli e timbri. Si tratta di un carteggio dal tono estremamente confidenziale, svolto nei termini di un'amicizia affettuosa che di volta in volta l'una e l'altro tendono a virare di altre, più intense affettività. Ad esempio, nella lunga ( otto pagine 8o ) lettera s.d. (ma, da timbro postale, 9.8.92), si legge di un equivoco che evidentemente ha a lungo gettato un'ombra di ambiguità sui rapporti fra i due: Mio carissimo amico. Sia benedetto Iddio! Finalmente sono riuscita a farvi... confessare! Come ve lo avevo già scritto io temevo che voi non mi cercavate più, credendo che io mi fossi innamorata di voi! Io vi ringrazio infinitamente della vostra franchezza. Sentite: siete realmente un gentiluomo, no, meglio, un galantuomo, - e la vostra lettera ha aumentato a mille doppi la mia stima. Pure anch'io voglio essere franca con voi: e vi dirò che sulle prime restai mortalmente offesa. Tutto il sangue mi affluì al volto e credo anche di aver pianto... non allarmatevi ancora! Non ho mai ricevuto uno schiaffo, ma son certa che si debba provare la sensazione che provai io nel leggere la vostra lettera, nel riceverlo. Poi... risi, credetemi, risi di me stessa, e vi applaudii. Credete pure: se il mio cuore fosse stato libero sarebbe bastata la vostra lettera per farmi innavorare di voi (ma qualche fraintendimento poteva desumersi da una delle prime lettere, Nuoro, 6 ottobre 1891 : Mi scriva. So che ciò le recherà disturbo, fastidio anzi, ma io sono la più grande egoista di questo mondo e non bado al bene altrui per godere un piacere. Mi scriva dunque, anche una riga, e mi dica che mi pensa, che mi perdona e che pensa qualche volta alla sua piccola amica lontana per quanto essa sia indegna del suo ricordo ; e del resto anche in seguito non mancano passaggi come questo - dalla lettera Nuoro 9 gennaio 1892 - : a nessuno d'essi , sta parlando dei suoi principali corrispondenti dell'ambiente letterario - scriverei una lettera come questa, neppure per tutto l'oro del mondo, come suol dirsi. Solo a voi, - e sin da quando non sapevo neanche chi foste, affezionata a voi dalle vostre lettere e dalle vostre cortesie che non saprò giammai pagarvi [...] Oh, che sgomento e che tristezza! Mi sembrava impossibile l'amicizia tra voi e una modesta fanciulla che se occorre prepara il pranzo ). Nella lettera con timbro postale 28.10.93, la svolta drammatica: Io penso ancora qualche volta a voi, così, nella tristezza di sere come questa, quando il vento fa tremare i miei nervi e mi apporta il riflusso spirituale di lontane amarezze - sì, ripenso a voi, perché ancora un filo tenuissimo, che potrebbe però diventare una corda, mi lega a voi. E' il ricordo delle mie ultime lettere [...] Vi scrivo quest'ultima per pregarvi di rimandarmele. Io sto per fidanzarmi. Non invidiatemi né siate, per caso, geloso. E' ricco, è brutto, è giovine, è aristocratico, è grande, io non l'amo, io... Ma ciò deve poco importarvi [...] Siate buono, siate gentiluomo. Rimandatemi quei brutti fogli. Forse il mio destino, tutto il mio destino, è misteriosamente attaccato ad essi [...] Se voi avrete la bontà di privarvi di quel piccolo trofeo delle vostre vittorie, se io potrò incenerire con esso tutto il triste passato, io mi fidanzerò; altrimenti no. E' una fissazione. Le mie lettere non sono compromettenti, ma mi occorrono, occorrono al mio spirito che non avrà pace finché non le vedrà, finché non le saprà morte ; a giudicare dal tenore - e dal contenuto..
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