VERDI, Giuseppe. Magnifico autografo musicale firmato, dal Simon Boccanegra . Dodici battute dal grande duetto drammatico fra il baritono (Gabriele) e il soprano (Amelia): Parla: in tuo cor virgineo Fede al diletto rendi - Il tuo silenzio è funebre Vel che su me distendi. Dammi la vita o il feretro, sdegno la tua pietà (è la serrata interrogazione di Gabriele: Atto II, scena VI). La firma è preceduta da una preziosa indicazione: Napoli 27 nov. 1858 : si tratta dunque di un omaggio in occasione della fortunata ripresa dell'opera al San Carlo, dopo il tonfo della prima veneziana (il 12 marzo dell'anno precedente). La caduta del Boccanegra fu uno dei pochi insuccessi del Verdi maturo, e senz'altro quello che più gli bruciò; nell'occasione scrisse a Ricordi che l'opera "non è inferiore a tante altre mie opere più fortunate di questa, perché per questa abbisogna forse esecuzione più finita, ed un pubblico che voglia ascoltare [...] Noi poveri zingari, ciarlatani, e tutto quello che volete, siamo costretti a vendere le nostre fatiche, i nostri pensieri, i nostri delirii per dell'oro, il pubblico per tre lire compera il destino di fischiarci o di applaudirci. Nostro destino è rassegnarci: ecco tutto". Accenti di amara autocommiserazione che a fatica si cercherebbero nel resto dell'epistolario verdiano - segno anche di quanto il Maestro tenesse a questa sua opera, così avanzata e "sperimentale", tale da anticipare la svolta degli anni Settanta e Ottanta. Ma la revanche napoletana del '58 fu un fuoco di paglia; riportata fra mille speranze alla Scala, nel gennaio '59 cadde di nuovo e definitivamente. Fu per Verdi una pesante battuta d'arresto; già con la successiva Un ballo in maschera scelse di tornare, almeno in parte, alle convenzioni melodrammatiche che avevano fatto la fortuna della trilogia "popolare": ma quello sguardo in avanti non lo scorderà. E così, passata tanta acqua sotto i ponti, rimise mano all'opera, le apportò consistenti modifiche (con l'importante contributo di Arrigo Boito) e nell'81 la ripresentò al pubblico. Da allora, è divenuta una delle sue opere più amate, se non più popolari. L'autografo napoletano ( una pagina 4o obl. , mm. 200 x 275, incorniciato) testimonia così di un poco noto "sentiero interrotto", nella traiettoria apparentemente sempre trionfale e indiscussa di questo grande genio italiano.
VERDI, Giuseppe. Magnifico autografo musicale firmato, dal Simon Boccanegra . Dodici battute dal grande duetto drammatico fra il baritono (Gabriele) e il soprano (Amelia): Parla: in tuo cor virgineo Fede al diletto rendi - Il tuo silenzio è funebre Vel che su me distendi. Dammi la vita o il feretro, sdegno la tua pietà (è la serrata interrogazione di Gabriele: Atto II, scena VI). La firma è preceduta da una preziosa indicazione: Napoli 27 nov. 1858 : si tratta dunque di un omaggio in occasione della fortunata ripresa dell'opera al San Carlo, dopo il tonfo della prima veneziana (il 12 marzo dell'anno precedente). La caduta del Boccanegra fu uno dei pochi insuccessi del Verdi maturo, e senz'altro quello che più gli bruciò; nell'occasione scrisse a Ricordi che l'opera "non è inferiore a tante altre mie opere più fortunate di questa, perché per questa abbisogna forse esecuzione più finita, ed un pubblico che voglia ascoltare [...] Noi poveri zingari, ciarlatani, e tutto quello che volete, siamo costretti a vendere le nostre fatiche, i nostri pensieri, i nostri delirii per dell'oro, il pubblico per tre lire compera il destino di fischiarci o di applaudirci. Nostro destino è rassegnarci: ecco tutto". Accenti di amara autocommiserazione che a fatica si cercherebbero nel resto dell'epistolario verdiano - segno anche di quanto il Maestro tenesse a questa sua opera, così avanzata e "sperimentale", tale da anticipare la svolta degli anni Settanta e Ottanta. Ma la revanche napoletana del '58 fu un fuoco di paglia; riportata fra mille speranze alla Scala, nel gennaio '59 cadde di nuovo e definitivamente. Fu per Verdi una pesante battuta d'arresto; già con la successiva Un ballo in maschera scelse di tornare, almeno in parte, alle convenzioni melodrammatiche che avevano fatto la fortuna della trilogia "popolare": ma quello sguardo in avanti non lo scorderà. E così, passata tanta acqua sotto i ponti, rimise mano all'opera, le apportò consistenti modifiche (con l'importante contributo di Arrigo Boito) e nell'81 la ripresentò al pubblico. Da allora, è divenuta una delle sue opere più amate, se non più popolari. L'autografo napoletano ( una pagina 4o obl. , mm. 200 x 275, incorniciato) testimonia così di un poco noto "sentiero interrotto", nella traiettoria apparentemente sempre trionfale e indiscussa di questo grande genio italiano.
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